C’è una cosa che manca a Palermo.
La mia idea di locale notturno perfetto. La mia utopia.
La scrivo qui nero su bianco senza nemmeno aver paura che me
la copiate.
Anzi magari lo faceste!
A voi il business e a me il paradiso!
A Palermo manca il locale della frittata.
Che io sappia, nessun ristorante o trattoria ha in menu la
frittata.
Eppure la frittata è buona.
Ci sono milioni di frittate.
Frittata di cipolle, frittata di zucchine, frittata di
patate, frittata di fave e piselli, frittata di carciofi, frittata di peperoni,
frittata di broccoli, frittata di pasta… qualsiasi cosa può diventare frittata.
Ho visto riciclare di tutto sotto forma di frittata.
Non c’è avanzo che non abbia trovato la sua redenzione in un
paio di uova sbattute.
La frittata ha la capacità di sintetizzare l’idea di gusto
di chiunque.
Nella sua semplicità o nella sua ricchezza.
Anche di chi odia le uova (ho visto fare anche la frittata
con le uova a mare!).
La frittata è enciclopedica.
La scelta della frittata ti racconta una persona meglio
delle macchie di Rorschach.
È come il lampadario di Piazza Marina.
Sì quello che, prima o poi, qualcuno ti mostra con orgoglio,
noncurante che quello stesso oggetto è la prima cosa che quindici giorni prima è sparita da casa di povera nonna morta.
Il lampadario di Piazza Marina è quello che trovi a casa
dell’amica, che ha appena affittato casa, ma anche dal notaio, che ha
ristrutturato il villone a Mondello.
Quello che, comunque, costa quindici euro.
Ne ho visti di tutti i tipi.
In una cucina con tanto di piano bar anni ‘70 ho visto
dominare un ceppo con appollaiato un fagiano impagliato. Le lampadine erano
messe a mo di candela.
Ne ho visti alcuni, fatti di cartone dipinto e perline
colorate, frutto dell’estro di qualche Giovanni Muciaccia indigeno.
Ne ho visti di ogni nazionalità: tunisini, vietnamiti,
norvegesi, aztechi.
Uno, signora cciù
ggiuro viero, veniva da un salotto di Atlantide!
Il padrone di casa ti guarda con l’entusiasmo di chi ha
passato una notte di fuoco con Belen e a bruciapelo ti chiede:
- Dimmi
la verità si vede che è dei mercatini?
E tu invece di rispondere:
- Ma
che mi dici? Io pensavo che l’avevi trovato nel cassonetto!
la verità non la dici, indugi sul “ma che mi dici?” e la
chiudi lì.
Ecco vi prego di usare lo stesso tatto nel giudicare il mia
modello di perfezione.
Perché l’essenza un po’ kitsch della mia idea di felicità è
pane e frittata, una sdraio e, se non c’è niente di meglio in tv, il grande amore della
tua vita.